TU SEI RE?


211^ lettera alla comunità al tempo della conversione

               Quella giornata cominciò male, per Ponzio Pilato. Gli annunziarono che c’erano i sacerdoti del Tempio, che volevano il suo consenso per un’esecuzione capitale. Il governatore romano si trovò di fronte non il solito pazzo con velleità messianiche, ma un individuo che incuteva rispetto, forse anche un po’ di soggezione. L’accusavano di proclamarsi re e questo, a Pilato, interessava. Ma cosa voleva dire il Nazareno, affermando che il suo regno non era di questo mondo? Ancora più preoccupante era la pretesa, riferita dai sacerdoti, di essere Figlio di Dio.

                 Il funzionario imperiale pensò di sfruttare a suo vantaggio la seccatura. Condannando a morte questo Gesù, egli dava soddisfazione ai sacerdoti; nello stesso tempo, la crocifissione di uno che si proclamava re diveniva un ammonimento alle teste calde della Giudea; il cartello con la motivazione della condanna portava scritto: “Questi è Gesù Nazareno, re dei Giudei”: così finiscono coloro che mettono in discussione il governo romano.

               Tuttavia, questa furbizia non ha funzionato. Il prigioniero insiste: “Io sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”.  Ma anche i sacerdoti sono coerenti con una loro verità. Pilato li sbeffeggia: “Metterò in croce il vostro re?” La risposta è definitiva: “Non abbiamo altro re che l’Imperatore”. Questa è la verità, che si fa largo tra l’apparato di riti e di ideologie religiose: non c’è possibilità di compromesso, non importa che l’attesa di Israele venga rinnegata. Pagani ed ebrei adorano lo stesso dio, il potere.

               Oggi, abbiamo massimamente bisogno che qualcuno renda testimonianza alla verità. Gesù si candida a essere testimone di questa verità, che deve e può cambiare la vita degli uomini. Certo, la sua via è difficile; addirittura, può apparire assurda. Ma le altre vie possono avere successo ed efficacia? Conviene, almeno, prendere in considerazione le parole di Gesù, senza rassegnarsi alla proposta del mondo: sempre più violenza, sempre più denaro, sempre più guerra.

               La guerra, in particolare, ha bisogno di menzogna. E’ una delle caratteristiche della guerra moderna, che viene giustificata come la lotta tra il bene e il male. Un esempio recente è la reazione alla decisione della Corte Penale Internazionale dell’Aia di spiccare un mandato d’arresto per il primo ministro di Israele e il suo ministro della guerra, e per il capo militare di Hamas. Non capisco con quali criteri venga attribuita la responsabilità delle stragi. Sembra che sia di alcune persone e che ci sarebbe stata un’alternativa, una guerra “pulita”, con delle regole, che ne limitino la crudeltà e le conseguenze. Va detto invece che la guerra travolge in modo irresistibile tutti, così da rendere difficile mantenersi liberi  da ogni responsabilità. Più si va avanti, più è difficile fermarsi, al punto che sembra che l’incendio finisca quando non c’è più nulla da bruciare.

               L’altra guerra, quella che si combatte in Ucraina, aggiunge un ulteriore elemento di falsificazione. Essa è guerra tra nazioni cristiane. La menzogna diventa bestemmia, perché Dio viene invocato da l’una e dall’altra parte per uno scopo, la vittoria militare, che ha come prezzo centinaia di migliaia di vittime. Questa certamente non è la volontà del Dio di Gesù Cristo, che è Padre di tutti.

               Mi chiedo come mi comporterei io, se fossi direttamente coinvolto; riconosco che la mia impotenza non è innocente e che non vedo quello che mi sarebbe richiesto perché non ho gli occhi, non perché non ci sia almeno un pezzettino di responsabilità. Ringrazio Papa Francesco, perché ci ricorda che col male non si possono fare compromessi: questa vigilanza viene pagata da lui spiacendo all’una e all’altra parte. Una cosa però so: la via della verità e della pace passa attraverso la sottomissione al regno dell’Uomo coronato di spine, che sta di fronte a Pilato. La preghiera, come ascolto e supplica, è l’unica via perché i nostri occhi si aprano: “Signore, fa’ che io veda”, invocava il cieco di Gerico (Lc 18,41). Fa’ che io veda e allora ti seguirò nel tuo cammino.

24 novembre 2024                                                              don Giuseppe Dossetti