“QUESTO E’ IL MIO FIGLIO”


187^ lettera alla comunità al tempo della conversione

              Nella piana di Galilea si eleva un monte, alto e isolato: è il Tabor, in cima al quale è collocato l’episodio della “Trasfigurazione”, soggetto di una delle più belle icone della Chiesa orientale. Davanti a tre apostoli, il volto, il corpo, le vesti di Gesù diventano luminosi. Questa luce anticipa la gloria del Risorto e La voce di Dio accredita il Cristo: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”.

               La salita di questo monte ne richiama un’altra. quella di Abramo, al quale Dio ha chiesto la prova suprema, il sacrificio del figlio Isacco. E’ vero che, all’ultimo momento, l’angelo fermerà la mano che impugna il coltello: ma non si è trattato forse di un’incomprensibile crudeltà? Non capiremo questo episodio se non ci rendiamo conto che sul Tabor è Dio che consegna il Figlio all’uomo, anticipazione di quel che avverrà su un altro piccolo monte, la collinetta del Golgota, alla porta di Gerusalemme. Quel giorno, nessuno fermerà la mano di chi crocifigge Gesù, di chi squarcia il suo petto con la lancia. Abramo diviene lo specchio, nel quale contempliamo il volto di Dio.

               L’ultima parola, però, è la luce. Dalla sua bellezza, Pietro e i suoi compagni vengono soverchiati, al punto che non vorrebbero più scendere dal monte. Bisogna ritornare alla vita quotidiana, conservando però il silenzio su quanto si è visto e udito. Come mai? Forse, perché questa luce non è una notizia come le altre, ma è qualcosa che deve essere custodito, assimilato; essa deve crescere in te e tu devi permetterle di trasformarti.

               Tu dovrai anzitutto contemplare. L’icona, per la Chiesa d’Oriente, non è un quadro, ma una “finestra”. Attraverso di lei, l’eterno entra nel tempo. Che cosa contempliamo? Questa luce è l’abbraccio del Padre col Figlio, col Figlio “amato”, dice il testo: è lo splendore dell’amore, nel quale sei  invitato a entrare: “Ascoltatelo!”, dice la Voce. E’ l’ordine di un legislatore? A me sembra piuttosto la supplica di un Padre; a chi l’ascolta, viene affidato un messaggio di pace per tutti i figli feriti, ribelli, perduti.

               Conosci dunque la luce che è in te; seguila, qualunque sia il prezzo, e diverrai luce per chi ti sta intorno.

               In questi giorni, sarà in visita nella nostra città Robi Damelin, portavoce dell’associazione “Parents’ Circle”, nata in Terrasanta nel 1995 per iniziativa di alcuni genitori, ebrei e arabi, i cui figli o parenti stretti erano stati uccisi dall’”altro”. Essi hanno deciso che l’ingiustizia subita e l’odio non potevano continuare a tener prigioniera la loro vita e, come alcuni di loro hanno detto, “non voglio che si uccidano altre persone in nome di mio figlio”. Essi dunque favoriscono l’incontro tra chi ha subito questi lutti e organizzano seminari nelle scuole in Israele, perché i giovani si conoscano e si riconoscano reciprocamente. «Siamo popoli che hanno pagato un prezzo altissimo – afferma Ali Abu Awwad, palestinese -, ognuno di noi ha ragioni valide per accusare l’altro». Ma a un certo punto ci si accorge che il ciclo di uccisioni e vendette non può continuare a determinare la vita di una persona” (altre notizie e testimonianze sul sito della Chiesa di Milano).

               Sul Tabor, Dio paga il prezzo per parlare a queste persone e, nello stesso tempo, dà loro la conferma che la conclusione del cammino è la luce. Anzi, questa luce essi la vedono già e dicono a noi che la pace è ancora possibile, in Terrasanta come in Ucraina; e che essa è frutto di un cammino che avviene nel cuore dell’uomo.

25 febbraio 2024                                                                                     don Giuseppe Dossetti