163^ lettera alla comunità al tempo del coronavirus, della guerra, del terremoto e dell’alluvione.
Nella nostra montagna, nei comuni dell’alto Appennino, è molto diffusa la devozione a santa Maria Maddalena. Sotto la cima settentrionale del monte Ventasso, a millecinquecento metri, sorge un piccolo oratorio, costruito sul luogo dove si dice che la Santa si fosse ritirata a fare penitenza. Ogni anno, si tengono una processione e una festa, il 22 luglio, nella data liturgica. La leggenda fa parte di una narrazione più ampia, che descrive il viaggio di Maria di Betania, con i fratelli Marta e Lazzaro, nelle terre d’occidente, fino in Francia. Il presupposto è l’identificazione in una sola persona di tre donne del Vangelo, Maria Maddalena, Maria di Betania e la anonima peccatrice del vangelo di Luca (cap. 7), che unge di profumo i piedi di Gesù. Oggi, si preferisce dare autonomia alle tre figure: personalmente, non escludo che la Maddalena sia anche la peccatrice.
Quello che è certo è che i Vangeli ci presentano Maria come prima testimone e annunciatrice della risurrezione di Gesù. Ella va al sepolcro e lo trova vuoto: pensa al furto, da parte di qualcuno che vuole eliminare anche l’ultima memoria del Maestro. Avverte Pietro, che corre a verificare la cosa, assieme a Giovanni. Constatato il fatto, con logica maschile, i due apostoli tornano a casa: per loro, ormai, la vicenda di Gesù appartiene al passato. La Maddalena, invece, rimane e piange. E’ il suo modo per affermare che non può finire così e, comunque, lei non ha più un luogo dove andare, dove la vita abbia un senso. Si avvicina uno sconosciuto e la donna crede che sia il custode del giardino. E’ Gesù, ma lei non lo riconosce, finchè egli non pronunzia il suo nome. “Maria!”. Quanta dolcezza, in quella parola! Lei vorrebbe abbracciare i suoi piedi, trattenerlo, ma il Risorto la manda dai suoi “fratelli”: così egli chiama coloro che lo avevano rinnegato e abbandonato. Ma ormai tutto si rinnova, il mondo, la storia, tutto conosce il profumo della primavera.
Papa Francesco, nel 2016, ha voluto dare solennità alla memoria della Maddalena e l’ha chiamata con il titolo che già in antico le veniva riconosciuto, “Apostola degli Apostoli”. Non possiamo però immaginare che questo titolo sia una specie di decorazione. Esso ci costringe a ragionare sul ruolo della donna nel Vangelo e nella Chiesa.
Io sono convinto che Maria Maddalena fosse la prima del gruppo delle discepole, come Pietro lo era per i discepoli maschi (Lc 8,1-3). Penso che in Gesù ci fosse l’intenzione di dare alla sua comunità una consistenza, diciamo così, istituzionale, e questa è rappresentata da Pietro. Ma l’istituzione è morta, senza l’amore. Anche Paolo lo afferma: “L’amore di Cristo ci possiede e sappiamo bene che uno è morto per tutti, … perché coloro che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto ed è risorto per loro”. Anche Paolo aveva fatto la stessa esperienza di Maria: aveva sentito pronunciare il suo nome, sulla via di Damasco (At 9,4).
Ragionare sul contributo che la donna può dare alla Chiesa, non vuol dire riconsiderare gli equilibri di potere. E’ peraltro vero, che una Chiesa solo “maschile” rischia di dare troppa importanza alla razionalità, che vuol dire organizzazione e in ultima analisi, potere.
Abbiamo bisogno di figure materne: Gesù stesso l’ha voluto, affidando, dalla croce, i suoi discepoli a sua madre (Gv 19,26). Ma abbiamo bisogno anche di donne sorelle, che portino nelle nostre comunità custodia, dedizione e tenerezza.
23 luglio 2023 don Giuseppe Dossetti