227^ lettera alla comunità al tempo della conversione
Certe pagine del Vangelo sono divenute proverbiali. Per esempio, l’episodio della donna adultera. Scribi e farisei, cioè gli osservanti della Legge mosaica, trascinano al cospetto di Gesù questa donna e vogliono mettere in difficoltà il Maestro di Nazaret. Se la condannerà, allora le sue belle parole, di essere venuto per i peccatori, per le pecorelle smarrite, per i figli scappati di casa, si riveleranno espressioni di buonismo ipocrita. Ma se non confermerà il precetto, potrà essere accusato di eresia. Come è noto, Gesù non risponde, finchè, di fronte alle insistenze degli interlocutori, pronunzia la frase famosa: “Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra” contro di lei, dia inizio alla lapidazione. Al che, gli accusatori, uno alla volta, se ne vanno, “a cominciare dai più anziani”, annota con una punta di malignità l’evangelista. Gesù allora conclude, rivolto alla donna: “Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,1-11).
Si interpreta questo testo come una prova della larghezza di vedute di Gesù, del superamento da parte sua del legalismo maschilista. Non sono d’accordo: per Gesù, il peccato è una cosa seria, incluso l’adulterio. Ma oggi, l’adulterio è considerato una caduta, per la debolezza della carne. Si può transigere e le parole di Gesù sembrano leggere, come una pacca sulla spalla.
Ma vi chiedo: se al posto della donna, fosse stato portato davanti a Gesù un pedofilo, oppure chi ha scatenato guerre con centinaia di migliaia di morti, avremmo portato un camion di sassi e non so se avremmo accettato la parola di Gesù: “Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Forse, invece, avremmo rivendicato il primo posto nella fila. Avremmo pensato che, sì, siamo tutti peccatori, ma non fino a quel punto: c’è una bella differenza tra noi e questi delinquenti. Quello che urta gli interlocutori di Gesù è il mancato riconoscimento, da parte del Maestro, dello sforzo, spesso non ipocrita, ma sincero, di vivere secondo dei valori nobili, rappresentati qui dalla Legge di Mosè. Eppure, questi uomini giusti sono pronti a diventare degli assassini. Come mai?
Chiediamo lumi a uno che i sassi, in occasione del martirio di santo Stefano, li ha davvero portati, Saulo di Tarso, che diventerà san Paolo. Di sé, egli dice: “Io sono ebreo, figlio di ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa, quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile” (Fil 3,5s). Ma quando venne folgorato sulla via di Damasco e volle ripensare al suo cammino spirituale, scrisse per sé e per quelli come lui: “Anche tutti noi, come i pagani, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni ed eravamo meritevoli dell’ira di Dio, come gli altri” (Ef 2,3). “Come gli altri”, cioè come i pedofili e i grandi assassini della storia. Come è possibile dire una cosa del genere? Eppure, Paolo e Gesù sono chiari. Penso che dobbiamo ammettere che solo la misericordia di Dio ci evita di diventare complici dei meccanismi di morte che agiscono nella storia. In particolare, dobbiamo essere massimamente attenti alla gestione del potere. E’ vera la frase che dice: se tu uccidi un uomo, sei condannato all’ergastolo; se ne uccidi centomila, ti fanno un monumento. Si sottolinea la forza di corruzione del male, che seduce e falsifica la realtà, che fornisce giustificazioni e promuove complicità. Come è necessario essere consapevoli di questi meccanismi, tanto più velenosi quanto più grandi e potenti sono i mezzi a nostra disposizione!
“Liberaci dal male”, non solo da quello che possiamo subire, ma soprattutto da quello del quale potremmo diventare responsabili. Ma, soprattutto, a fronte del peccato e della sua conseguenza, la morte, sta la decisione di Dio di farsi carico del male del mondo: Dio ha stabilito Gesù come strumento di espiazione nel suo sangue (cfr Rm 3,25). La forza del cristianesimo sta nella croce di Gesù: l’innocente si è fatto carico del male del mondo. Nulla di meno era necessario. Nulla sfugge alla grande intercessione del Crocifisso. Ogni momento può diventare Pasqua, la risurrezione per ogni uomo.
06 aprile 2025 don Giuseppe Dossetti