A volte, quando alcuni cristiani ascoltano il Vangelo di oggi, potrebbero sentire che esso è diretto principalmente al sacerdozio ministeriale e forse ai religiosi. Ma la Lumen Gentium ci ricorda il nostro sacerdozio comune in Cristo attraverso il battesimo. Il sacerdozio comune di tutti i cristiani si riferisce al sacerdozio ministeriale, anche se variano sia in essenza che in grado. Perciò, è necessaria una maggiore collaborazione e sinergia per ottenere di più piuttosto che litigare o lasciare che un gruppo lo faccia da solo. La prima lettura presenta la tensione e il conflitto che esistono tra coloro che sono inviati insieme da Dio per stabilire il suo regno. C’è un forte malinteso tra il sacerdote Amasia e il profeta Amos entrambi inviati da Dio per parlare al popolo a suo nome, su diverse questioni. Mentre Amos sembrava applicare letteralmente le istruzioni di Gesù nel Vangelo per non salutare nessuno sulla strada, ecc. (Lc 10, 4), Amasia sembrava ricordargli che c’era bisogno di una evangelizzazione organizzata. Forse, Amos sentiva di non dipendere da nessuno tranne che da Dio, Amasia lo avvertì che avrebbe dovuto prendere in considerazione le sensibilità delle persone perché mantengono il sacerdozio attraverso la decima. Amasia è semplicemente un sacerdote che dipende dal suo sacerdozio per il sostentamento, ma Amos è un mandriano ed era venuto da una regione diversa.
Siamo benedetti di avere una comunità dove la collaborazione tra il popolo di Dio e i suoi sacerdoti è degna di emulazione specialmente nelle opere di carità. È una benedizione. La carità è la più grande forma di predicazione. Però, non dobbiamo fermarci qui. Amos aveva una professione, ma ancora avuto il tempo di ascoltare Dio e di predicare. Ovviamente, aveva bisogno di una formazione relativa correttamente senza compromettere il Vangelo. Sono molto impressionato dal numero di diaconi permanenti che ci sono a Reggio Emilia! Anche di recente, ho speranza di coloro che hanno interesse dalla nostra comunità. Queste cose sono frutti di un popolo in missione.
È interessante notare che, una volta, Papa Francesco ha osservato che ogni battezzato è egli stesso una “missione” alimentata dall’amore di Dio. Questa missione è radicata nella paternità di Dio, la maternità della Chiesa, e la nostra adozione come figli di Dio e membri della Chiesa. Su questo fondamento, il mandato del Cristo risorto è ugualmente nostro: come il Padre ha mandato me, così io mando voi (Gv 20, 21). Gesù ci manda in missione. Il Vangelo di oggi viene subito dopo che Gesù è stato rifiutato dai suoi compaesani di Nazareth. Egli non è scoraggiato, ma manda i suoi apostoli in altri luoghi. Egli ci manda in coppia e condivide la Sua autorità con noi come testimoni del Suo amore immeritato. Secondo la legge ebraica, due testimoni sono necessari per una testimonianza valida. Quindi, noi predichiamo come testimoni, come quelli inviati insieme e non perché vogliamo promuoverci, gareggiando per le posizioni migliori. E noi siamo testimoni di cosa?
Qui prendo in prestito le parole del nostro parroco, don Dossetti, per rispondere. Siamo testimoni di essere liberati, di aver sperimentato il “Regno, cioè della gratuita bontà di Dio, del suo amore per ogni uomo, in particolare per i piccoli, i poveri e i peccatori. Chi ha fatto quest’esperienza per sé stesso, si sente responsabile a sua volta verso ogni uomo”. Dobbiamo evangelizzare perché il futuro ci appartiene come figli del Regno che deve venire ma già reso presente dalla nostra testimonianza. Siamo quelli inviati nelle nostre varie funzioni, non da soli, ma in coppia: il padre e la madre, il fratello e la sorella, la madre e la figlia, il padre e il figlio, il sacerdote e il popolo di Dio, il sacerdote e il politico, il democratico e il repubblicano, il nazionalista e l’internazionalista, il santo e il peccatore, ecc.
don Anthony