L’incarnazione del Verbo di Dio è un mistero il cui significato è inesauribile. Più lo comprendiamo, più scopriamo la sua infinita profondità e ampiezza. Si rivolge ad ogni generazione ed epoca perché è eterna. Giustamente, crediamo che a Natale si celebri la nascita del nostro salvatore. Per questo costruiamo presepi nelle nostre case e in altri luoghi. Tuttavia, quando contempliamo la passione in Quaresima, ci chiediamo perché Dio ha scelto questo modo e perché non ha scelto un’alternativa diversa.
Nella seconda lettura sentiamo Gesù spiegare la sua incarnazione. Dio gli ha fornito un corpo umano (Eb10, 5) per vivere tra noi in grazia e verità, per essere tentato come noi, per morire sulla croce come un sacrificio una volta per tutte in modo che “chiunque crede in lui non muoia, ma abbia vita eterna” (Gv3, 16).
Ricordiamo che la lettera agli Ebrei si rivolgeva ai cristiani ebrei che erano tentati di abbandonare il cristianesimo e tornare al giudaismo. Questa lettera cerca di convincerli a rimanere fedeli a Gesù, il sacrificio perfetto e il vero sommo sacerdote. Il messaggio è che Dio non si compiace dei sacrifici animali e degli olocausti, ma piuttosto dello spirito umile che gli si avvicina riconoscendo il peccato e chiedendo il perdono (Sal51, 16-17).
Questo è ciò che Cristo ha fatto per noi. Egli ha adempiuto e sostituito i sacrifici dell’Antico Testamento. Il Natale, quindi, riguarda il sacrificio della volontà, del corpo e dell’espiazione fatto da Cristo per noi e per tutti coloro che credono. Non è una “happy Holiday” qualsiasi come se fosse una festa come un’altra, che nel corso del tempo potrebbe farci dimenticare perché la stiamo celebrando. Ecco perché diciamo “Buon Natale” nonostante lo sforzo dei nemici di Cristo per bandirlo. È la nostra convinzione per dire “Cristo è la ragione della stagione”.
Siamo dunque in una celebrazione contemplativa come quella di Maria che esclama che Dio ha fatto “grandi cose” per lei. A questo proposito, don Giuseppe ha scritto: ‘Le “grandi cose” sono la riconciliazione tra l’uomo e Dio, il compimento delle promesse fatte ad Abramo, una nuova e definitiva “alleanza”. Maria è consapevole del prezzo che le è stato chiesto, nel momento in cui ha consentito all’annuncio: si tratta di un completo spossessamento di tutti i suoi desideri e dei suoi programmi e l’accettazione di una via che porterà alla croce, quella del Figlio, che sarà però anche la sua.’ Pensare alla croce mentre si pensa al Natale non significa ridurre o smorzare la nostra gioia.
Anzi, è destinata ad accrescerla perché comprendiamo pienamente il motivo per cui stiamo facendo festa. Perciò, la danza di gioia di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta è significativa. Dio vuole che partecipiamo alla vita divina che ha portato alla nostra umanità dalla nascita, dall’inizio della nostra vita. Proprio come Maria fu salvata prima del concepimento di Cristo, anche noi siamo fatti per partecipare alla Sua salvezza dalla nascita. La legge dell’Antico Testamento cambiava le persone solo esternamente e non si occupava della radice del peccato che è il cuore. Ma la Parola incarnata ci trasforma internamente e ci rende capaci di vivere una vita santa. Chiunque, quindi, crede nel suo cuore e lo professa con le sue labbra che Gesù è il Signore sarà salvato.
Buon Natale Carissimi!
don Anthony