La profezia di Isaia nella prima lettura è di grande essenza ma anche molto delicata. Doveva consolare un popolo “amato” rispetto alle sue disgrazie, incoraggiare un popolo totalmente frustrato a continuare a fidarsi di Dio. Il profeta è incaricato di non avere paura di annunciare che Dio viene con la potenza e il suo braccio eserciterà il dominio (certamente sui loro nemici). Notiamo come è strano che al portatore della buona notizia sia detto di non avere paura. Questo perché gli ascoltatori della buona notizia, gli ebrei hanno visto la loro patria distrutta, le loro famiglie massacrate, e non sono diventati semplici rifugiati o immigrati, ma schiavi a Babilonia per centinaia di anni. Sono stati completamente umiliati dai pagani e ora erano in pericolo di estinzione. Infatti, il Salmo 74, 9 la cattura bene: “Noi non vediamo più i nostri segni non vi è più profeta, e tra noi non vi è alcuno che sappia fino a quando.” Quindi, anche se è una grande notizia, ma potrebbe essere pericoloso perché avevano perso la fede in Dio che ha detto che Egli li ama. Ma coloro che ancora temono Dio e confidano in Lui, rappresentati dalla preghiera della Chiesa nel Salmo, ricordano a loro stessi che la salvezza viene solo da Dio. Si raccomandano alla Sua misericordia ed esprimono la loro disponibilità ad ascoltare ciò che Egli ha da dire (Sal. 84 (85), 9). Questa è una grande ammissione di colpa e la professione del pentimento. Chiedere a Dio di mostrare misericordia indica che crediamo nel dono della libertà (non nel liberalismo) che Egli ci ha dato e che siamo responsabili delle conseguenze delle nostre scelte.
Professare la disponibilità ad ascoltare Dio ci parla del dono complementare al dono della vita, cioè della pace – shalom (Lc 2, 14). Pace per un popolo che ha conosciuto guerre, disastri, persecuzioni e, nel nostro caso, perdita di vite umane e di ricchezza a causa di questa confusa pandemia. Siamo stati maltrattati e sballottati dall’intera situazione e ora siamo vulnerabili ad accettare qualsiasi soluzione. Ma la parola di Dio ci assicura che il nostro Dio sta arrivando e con il Suo arrivo, ci sarà abbastanza amore e verità, giustizia e pace per tutti coloro che Lo attendono. Quindi, no, non possiamo accettare qualsiasi cosa come soluzione ai nostri problemi; non possiamo compromettere la nostra salvezza per un sollievo temporaneo. Non possiamo essere Esaù in questo momento (Gen. 25, 34). La pace del nostro Cristo è diversa dalla pace del mondo (Gv 14, 27), che nella maggior parte dei casi significa dittatura e perdita della libertà. Ma quando verrà il nostro Dio?
Così, la seconda lettura risponde prontamente a coloro che ci deridono nella nostra fede non solo della prima venuta del Messia come il bambino di Betlemme, figlio di un falegname e di una umile serva, ma anche della sua seconda venuta nella gloria. San Pietro avverte queste persone di comprendere che Dio ha un sistema per contare il tempo diverso dal nostro (2Pt. 3, 8). Per Dio, mille anni possono essere paragonati ad un giorno perché Dio è eterno. Giorni ed anni come i nostri sono per i mortali. Non si contano i giorni per chi non muore (Ap. 22, 5). Devi aver sentito la canzone: “Forever Young” di Jay-Z, ma nessuno può vivere per sempre senza Dio in loro. Una cosa è certa, Dio realizzerà la Sua promessa nel Suo tempo. Noi facciamo la nostra parte aspettando nella speranza, nella santità della condotta e della preghiera, che lascerà che la pace di Dio dimori nei nostri cuori. Sia il Natale che la Parusia o il Giudizio Universale non sono semplicemente idee. Riguardano una persona reale, Gesù Cristo. E poiché ci aspettiamo una persona reale, un’altra persona è stata inviata per prepararci alla sua venuta, Giovanni Battista. Così, nel Vangelo, il Battista ci dice di pentirci e di perdonarci gli uni gli altri come condizione per la pace, per poter ricevere il battesimo nello Spirito Santo. Questo battesimo è il sigillo dello Spirito Santo, che è il pegno della vita eterna.
06 dicembre 2020 don Anthony Okafor