Settima lettera alla comunità al tempo del coronavirus

            “Ci ardeva il cuore in petto”, dicono i discepoli di Emmaus, commentando il loro viaggio col misterioso pellegrino, che spiegava loro le Scritture e che si sarebbe rivelato “allo spezzare del pane”.

            Da una di voi, ho ricevuto la conferma che questo accade ancora, che Gesù continua a essere il nostro compagno di viaggio. E’ l’esperienza di un centro d’ascolto: “ Ieri sera   abbiamo meditato le letture  e il Vangelo di domenica,   per me bellissimo,  e alla fine,   come spesso accade,   qualcuno  di noi ha messo a nudo la propria anima, confessando  la giornata dura,  per vari motivi difficile e triste,  ma altresì  la gioia  e la “cura”   della serata che sapevamo aspettarci,..   e ci siamo dati  la buonanotte….   rasserenati e grati allo Spirito del Signore che abbiamo sentito   in mezzo a noi. Questo è  il filo e la sintonia che creano questi incontri,   la capacità  di aprire i nostri cuori,   questo è Gesù  fra di noi”. 

            E’ bello immaginarci la scena di una cena in famiglia. Io sono convinto, infatti, che Cleofa e il suo compagno erano marito e moglie (il vangelo cita una Maria di Cleofa) e hanno invitato l’ospite non in una locanda, ma a casa loro. In queste settimane, è stato importante riunirsi per la preghiera attorno al tavolo da pranzo; forse, da tempo non lo facevamo, la fretta, gli orari diversi ce lo impedivano. Non dimentichiamo, quando si riapriranno le porte, questa esperienza. C’è un sacerdozio comune di tutti noi e ciascuno è sacerdote anzitutto nella propria famiglia.

            Quando i due discepoli riconobbero Gesù, allo spezzare del pane, “egli sparì dalla loro vista”. Essi però non ricaddero nello sconforto. La loro reazione è stata di rimettersi in cammino, nonostante ormai fosse notte e la strada fosse lunga, per tornare “senza indugio” a Gerusalemme, alla comunità, per scambiarsi la notizia, per dirsi quello che gli uni e gli altri già sapevano, ma che era bello ricevere dalla bocca di un fratello. Permettete due considerazioni.

            Anzitutto, Gesù è presente, ma è “oltre”, qualche passo più avanti. Se vogliamo incontrarlo, dobbiamo vincere la nostra pigrizia spirituale, cacciare la malinconia e le vittimizzazioni, cercarlo con tutto il cuore, con un cuore “ardente”, appunto, con la gratitudine per quello che ci dice san Pietro in questa domenica: “Non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta …, ma col sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1,18-19).

            In secondo luogo, l’incontro con il Risorto ci riporta alla comunità. Ecco: non sono convinto che nelle fasi successive di questo flagello (quante saranno?) la gente si vorrà più bene. Quel metro e mezzo, che ora ci fa soffrire, rischia di indurirsi, di diventare un muro di sospetto e paura. Per buttarlo giù, ci vuole proprio l’energia della Risurrezione. Bisogna guardare gli altri con occhi “risorti”, che sappiano vedere la dignità di ogni uomo, compatire le sue debolezze, avere la pazienza di aspettare.

            Il pellegrino di Emmaus ha avuto pazienza, ha accompagnato i due “lenti di cuore” in un viaggio non breve. La pazienza reciproca, l’accoglienza dell’altro, la generosità saranno vangelo incarnato e la Chiesa risplenderà come la sposa bella dell’Agnello (Apocalisse 19,7). Gli apostoli insistono su questa accoglienza reciproca, come il segno distintivo del popolo santo di Dio: “Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità,  sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi”(Col 3,12-13); “Soprattutto, conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati.  Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio” (1Pt 4,8-10). 

don Giuseppe

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