“I SEGNI DELLA SPERANZA”


220^ lettera alla comunità al tempo della conversione

               Riprendiamo il discorso sul Giubileo. Abbiamo parlato del suo frutto, l’indulgenza, che è una grazia, un dono spirituale, per ricominciare, per avere la forza di affrontare i grandi problemi del nostro tempo, senza perderci d’animo, senza rinunciare alla speranza. Il pellegrinaggio è il segno fisico di una volontà di cambiamento; esso però richiede un onesto esame di coscienza sui nostri punti deboli, su quello che ciascuno di noi deve cambiare, altrimenti il pellegrinaggio diventa una delle tante gite sociali.

               Il Papa propone otto segni o, meglio, degli orientamenti, dei campi di riflessione, perché le comunità e ciascuno scelgano un loro impegno concreto. Vediamo i primi tre segni.

               Il primo è l’impegno per la pace. “Che cosa manca ancora a questi popoli che già non abbiano subito? Come è possibile che il loro grido disperato di aiuto non spinga i responsabili delle nazioni a voler porre fine ai conflitti regionali?”. Si può obiettare che si tratta di problemi troppo grandi per noi. Ma noi sappiamo bene che per vedere bisogna curare gli occhi, e i nostri occhi sono spesso offuscati dall’egoismo, dal consumismo, dalla paura. La pace comincia dal nostro cuore: non è un’affermazione scontata. Non siamo poi così impotenti.

               Un esempio per tutti. Per il conflitto in Terrasanta, i governanti e l’opinione pubblica dell’Europa e della maggioranza degli stati vedono l’unica via d’uscita nella formula “due popoli, due stati”, Israele e Palestina. Anche recentemente, il nostro Ministro degli Esteri l’ha rilanciata. La coerenza vorrebbe che, chi condivide questa formula, riconoscesse lo stato palestinese. E’ quello che hanno fatto, fra gli altri, alcuni  importanti stati europei. Perché l’Italia non lo fa? Questo silenzio fa apparire la formula come un alibi. Per questo, sarebbe opportuno che nascessero un forte movimento nell’opinione pubblica e uno sforzo di buona volontà, per affrontare le difficoltà che comunque rimarrebbero.

               Il secondo segno di speranza è la disponibilità a trasmettere la vita, il vedere nella maternità e paternità una cosa bella. Gli allarmi per il calo demografico si moltiplicano, qualche provvedimento, anche se ancora timido, viene preso a livello legislativo. Tuttavia, c’è bisogno di promuovere una mentalità favorevole alla vita e questo ci interpella tutti. Per esempio, si dovrebbe aprire una discussione sull’aborto. Non può essere considerato un’alternativa di pari valore rispetto alla generazione. L’aborto mi sembra essere non un diritto, ma un fallimento: la legge lo consente, ma si tratta di una depenalizzazione, cioè viene riconosciuto che in una questione di così grande importanza si sospendono gli effetti del comandamento universale di non uccidere. Proprio per questo, il Giubileo richiama alla riflessione, al cambiamento di mentalità, alla promozione di iniziative di sostegno a chi è in difficoltà.

               Il terzo segno di speranza, che siamo chiamati a dare come singoli e come comunità, è l’atteggiamento verso i carcerati. Scrive il Papa: “In ogni angolo della terra, i credenti e soprattutto i Pastori, … chiedano condizioni dignitose per chi è recluso, rispetto dei diritti umani e soprattutto l’abolizione della pena di morte, provvedimento contrario alla fede cristiana e che annienta ogni speranza di perdono e di rinnovamento”. La Costituzione italiana va oltre: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”(art.27). Ci sono tentativi coraggiosi di attuare il dettato costituzionale, per esempio i percorsi nei quali la condanna viene scontata con percorsi alternativi al carcere, gestiti dall’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna). Ma io confesso che la mia sensibilità è ancora scarsa, rispetto alla gravità della sofferenza che si vive in carcere.

               Insomma, sembra proprio che ci sia bisogno di una salutare indulgenza divina verso di noi, così impauriti, così diffidenti, così poco disponibili a osare. Non sprechiamo l’occasione.

09 febbraio 2025                                                               don Giuseppe Dossetti