“TUO SPOSO E’ IL TUO CREATORE”


217^lettera alla comunità al tempo della conversione
          Anche chi non ha dimestichezza con il Libro Sacro ricorda l’episodio delle nozze in Cana di Galilea, con la trasformazione dell’acqua in vino, operata da Gesù, per l’intercessione di Maria sua madre. E’ singolare, però, che il vangelo di Giovanni non usi la parola “miracolo”, bensì quella di “segno”. Non ci si deve fermare al gesto, anche se straordinario: c’è qualcosa di più, normalmente
nascosto o dimenticato, che in questa occasione si rivela.
          Va considerato anzitutto che questo evento straordinario avviene durante un banchetto di nozze. Il vino, predisposto dagli sposi, finisce e cosÏ anche la festa. Ma Gesù, non solo provvede all’emergenza: il suo intervento è sovrabbondante, addirittura eccessivo: l’evangelista riferisce puntigliosamente che si tratta di una quantità straordinaria, dai cinquecento ai settecento litri. Anche la qualità del vino Ë di gran lunga superiore, così da suscitare la meraviglia del maestro di tavola. La stessa logica dell’eccesso apparirà nella moltiplicazione dei pani: le cinque pagnotte sfamano cinquemila persone, e ne rimane tanto da riempire dodici ceste con gli avanzi. Ora, nella Bibbia, le nozze rappresentano l’alleanza di amore tra Dio e il suo popolo, come i profeti avevano ripetuto nei
secoli. Per esempio, Isaia dice a Israele: “Tuo sposo è il tuo creatore” (Is 54,5). Ma spesso succede qualcosa che sembrerebbe metter fine all’amore. Lo Sposo divino rimprovera alla sposa i suoi tradimenti, il suo correre dietro a degli amanti; questi sono le divinità straniere, gli idoli che gli israeliti venerano: “Non avrai altro Dio fuori di me”, era la prima delle dieci Parole pronunziate sul Sinai, ma il fascino delle promesse idolatriche è spesso troppo forte. Lo Sposo vorrebbe divorziare. Ma l’affetto è troppo grande: “Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore … Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? Dice il tuo Dio”. Ancora una volta, siamo di fronte alla logica dell’eccesso, nel superamento di ogni merito e di ogni reciprocità.
          Il miracolo di Cana contiene dunque questo messaggio: Gesù è lo Sposo, che inonda di grazia ciò che si inaridisce, che rinnova continuamente e per sempre un’alleanza di amore, che altrimenti finirebbe, per la fragilità della sposa.
          Quali sono i nostri idoli? Va detto, anzitutto che essi sono divinità, anche se false. Come ogni dio, essi sono totalizzanti, vogliono una sottomissione completa. Con essi non c’è storia, non ci sono compromessi possibili. La loro forza di seduzione (sono degli amanti e conoscono i modi del corteggiamento) è tale, che spesso chi ne è sedotto se ne accorge quando è troppo tardi. Di qui, la necessità della vigilanza e della disciplina. Il piacere, il denaro, il potere: sono i tre idoli in sequenza. La dipendenza dal piacere abbrutisce l’uomo e lo spinge all’accumulo di ricchezza, a qualsiasi prezzo; non ci si ritira neppure di fronte alla violenza e alla guerra, credendosi immortali e onnipotenti.
          Un’altra domanda è però più importante: che immagine di Dio abbiamo? Può darsi che qualcuno dica: “Non mi interessa!”, e forse c’è qualcosa di vero in questo rifiuto. Anche a me non interessa un Dio che premia e castiga, come se fosse il custode della moralità o, peggio ancora, il
difensore della città costruita dall’uomo, di quella Torre di Babele edificata sulla sofferenza dei deboli. Mi interessa invece un Dio che mi accompagni, che abbia compassione per le mie debolezze, al quale possa chiedere che mi perdoni settanta volte sette, così che io possa, settanta volte sette, ricominciare
la lotta per essere più buono, più disinteressato, più umile, più accogliente. In altre parole, voglio un Dio che si comporti secondo la logica della sovrabbondanza, dell’eccesso. Infatti, ho citato sant’Agostino: “La misura dell’amore è di non avere misura”. Penso che questo sia lo scopo dell’Anno Santo, di mostrare all’uomo il volto di Dio, di un Padre, non quello di un idolo, in nome del quale venga versato il sangue dell’uomo.

19 gennaio 2025                                                                    don Giuseppe Dossetti