“LETTERA DI NATALE”


215^ lettera alla comunità al tempo della conversione
          Il male è più grande di quello che si vede, ma anche il bene è più grande, anche se spesso i nostri occhi sono ciechi.
          Il Natale ci suggerisce uno sguardo nuovo sull’uomo e sul mondo. Non si tratta di uno sguardo a poco prezzo: viene in mente la frase di un vescovo africano martire: “Ci vedono bene solo gli occhi che hanno pianto”. Anche il mistero di quel Bambino non è accessibile, se non consideriamo la sua vita e la sua morte in croce. Gli occhi di sua Madre lo contemplano nella mangiatoia e custodiscono già il mistero.
          Vorrei ancora una volta (perdonatemi!) chiedere a me e a voi di non cadere nel moralismo. Moralismo è pensare che basti essere delle brave persone per superare l’esame di Dio e degli uomini. Sì, anche quello degli uomini! E’ importante essere onesti, fare bene il proprio lavoro; ce lo ricordava Giovanni il Battista due domeniche fa. Ma non basta. Infatti, che cosa possiamo dire a coloro che soffrono, come consolarli? Quest’anno, ho particolarmente presenti i morti sul lavoro e le loro famiglie. Possiamo accettare come normale questa strage? Possiamo essere contenti di non essere stati su quei barconi che anche quest’anno sono affondati, o di essere lontani dai luoghi dove la stella cometa è sostituita dai missili?
          Quanto male c’è nel mondo! E come è facile trovare giustificazioni per diventare insensibili! Il male ha una potenza di seduzione straordinaria e travolge anche i nostri migliori propositi. La guerra continua e, almeno in Ucraina, è una guerra tra cristiani, sempre più impotenti, sempre più incapaci di parole profetiche. Ma anche noi, come viviamo questa guerra? La guerra è fatta per uccidere: sembra una banalità, ma la morte non è un “effetto collaterale”; non esiste una guerra pulita. Per fare la guerra, cioè per uccidere o mutilare o devastare il nemico, bisogna odiarlo: Gaza insegna. Per il momento, ci limitiamo a fornire le armi. Ma esistono limiti, o non piuttosto siamo su un piano inclinato, dove l’odio viene nutrito e prepara il proiettile che, per il momento, viene sparato da altri, finché, inevitabilmente, toccherà anche a noi e lo faremo con la coscienza alleggerita dai molti ragionamenti di chi uccide per interposta persona?
          Ma esiste il bene ed è tanto: “E’ apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini” (san Paolo a Tito 2,11). A tutti gli uomini, senza esclusioni. Ai buoni e ai cattivi, alle vittime e ai carnefici. Ma anche agli smarriti di cuore, a coloro che non sanno che cosa fare; ma è importante riconoscere che siamo poveri, esposti alla corruzione delle nostre coscienze. Abbiamo bisogno di
profeti: ce lo ha ricordato il nostro vescovo, facendo sue le parole di Mosè: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore” (Nm 11,29). Il profeta non è colui che predice il futuro, ma colui che porta una parola per il presente, che diventa la voce di Dio per il suo popolo. Un singolare profeta è Balaam, straniero, adoratore degli idoli. Ma quando incontra Israele, che sale dall’Egitto verso la Terra della
promessa, lo benedice e gli annuncia il sorgere di una stella, simbolo del re, salvatore del suo popolo.
Egli dice di sé: “Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo … cade e gli è tolto il velo dagli occhi” (Nm 24,11). Bisogna cadere, perché il velo venga tolto, il velo della propaganda e della seduzione, delle decisioni prese sotto l’impulso della paura. Bisogna riconoscere il male che tenta di entrare in noi, che
subdolamente ci spinge a dividere gli uomini. Ma l’occhio purificato riconosce anche coloro che non si astengono dal farsi prossimi al povero, al ferito, allo straniero.
          La grazia di Dio, che ci illumina, ci viene donata nell’Eucaristia, quando ci viene detto, “Questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti”. Per noi quel bimbo è nato, per noi si caricherà del male del mondo: “Infatti, è piaciuto a Dio che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra sia quelle che stanno nei cieli” (Col 1,19ss.). Questo è il pensiero con il quale entreremo nella Porta Santa del Giubileo.

Natale 2024                                                                       don Giuseppe Dossetti