“IL SEME NASCOSTO”


Centonovantanovesima lettera alla comunità al tempo della conversione

          Sono sempre più frequenti le analisi sociologiche sulla “crisi della Chiesa”. E’ un fatto, innegabile, che alla domenica, in Europa, sempre meno gente va a Messa; diminuisce l’adesione dei giovani alle dottrine e alla prassi cristiane. Aumentano vistosamente le convivenze, sostitutive del matrimonio, e diminuiscono i battesimi dei bambini.

          Come interpretare questi fatti? E’ possibile invertire la tendenza? Personalmente, non credo che la risposta stia, per esempio, nell’adottare i codici della comunicazione moderna. Dovremmo cercare più in profondità un’interpretazione delle intenzioni e degli scopi del Fondatore. Mi rendo conto: è un tentativo un po’ presuntuoso, e chiedo subito perdono.

          Quando ero giovane, ho vissuto la stagione entusiasmante del Concilio Vaticano Secondo. La mia generazione ha vissuto l’entusiasmo generoso e ingenuo della riforma della Chiesa, che amavamo e desideravamo fosse sempre più aderente allo spirito del Vangelo. Uno dei punti capitali, era l’assunzione, da parte della Chiesa, di una forma fraterna e la povertà, o almeno la semplicità di vita, era il passaggio essenziale. Oggi, questa povertà ce l’abbiamo, ma in una forma che non immaginavamo: essa morde le carni delle nostre comunità, ma può essere lo strumento di una vera riforma, nel senso della volontà del Cristo.

          Va però evitato il pessimismo. Può essere d’aiuto una piccola parabola, riportata solo dal vangelo di Marco (4,26-29):”Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura”. Gesù ci esorta ad avere fiducia nell’energia del seme: esso è piccolo e nascosto, ma chiede solo una cosa: di essere seminato. Il frutto dipende dalla energia vitale, nascosta in così piccolo spazio. Che cosa c’è di più piccolo di un crocifisso? Eppure, il vangelo della Croce continua a parlare al cuore degli uomini.

          In più, Gesù si identifica con il seminatore. E’ vero che in altre parabole egli si serve di operai per il suo campo, e che l’incarico che lascia ai suoi è di andare e predicare il vangelo a tutte le nazioni. Tuttavia, egli conserva la responsabilità del raccolto: per esempio, proibisce di estirpare le erbacce del campo, perché si potrebbero confondere con il grano buono.

           Ci vuole sensibilità spirituale, per scorgere il germinare del seme, per non avere fretta, per seminare senza scoraggiarsi. Soprattutto, dobbiamo guardarci da ogni forma di contrapposizione, tra chi è dentro e chi è fuori: che ne sappiamo noi? I confini delle nostre comunità debbono essere permeabili, non rigidi, favorire i percorsi di accoglienza e accompagnamento. Questo compito fu vissuto dalla prima Chiesa, quando ebrei e pagani dovettero imparare a convivere nella stessa comunità. San Paolo lo dice: Gesù “è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini”(2,17). Abbiamo fiducia nel Seminatore, e continuiamo a seminare. Questo vuol dire dare centralità alla dimensione sacramentale della Chiesa, cioè proprio a quella parte della sua vita che sembra maggiormente in crisi. Parlo della Sacra Scrittura e dell’Eucaristia. La povertà odierna chiede questo cibo. Non importa se non si hanno risultati immediati. Nei momenti, quando la vita rivela la sua verità, il seme nascosto offre i suoi frutti, al pozzo scavato in terra arida si attinge l’acqua viva della consolazione. Pensiamo alla nostra povertà, prima di preoccuparci di quella degli altri. Diamo ai nostri interlocutori la convinzione che anche in loro, magari nascosto, dorme il seme che dona a noi, per primi, la certezza di essere amati.

16 giugno 2024                                                                                                          don Giuseppe Dossetti