“Che cos’è la verità?”. Ponzio Pilato rivolge questa domanda all’uomo sanguinante che ha di fronte, ma non ha la pazienza o forse l’umiltà, di aspettare la risposta di Gesù.
Ma è giusto così. La verità che ciascuno di noi cerca non è un oggetto, non è la soluzione di un problema di fisica; non è neppure un livello superiore di conoscenza, che conceda la chiave del successo nell’economia o nella politica.
La verità, quella che davvero ci interessa, cioè la conoscenza di noi stessi e degli altri, la acquisiamo nella relazione. Questa è la ragione, per la quale verità e amore camminano insieme. Infatti, non ci soddisfa la conoscenza degli oggetti che sono intorno a noi. Essa è utilissima, la curiosità e il fascino della bellezza della natura sono all’origine della scienza. Ma noi cerchiamo anche altro, cerchiamo un “tu” da incontrare, non un oggetto da possedere. Siamo ricchi di cose, ma poveri di incontri. Magari, cerchiamo dei surrogati, che però restano tali e inevitabilmente deludono.
L’esempio più bello di una conoscenza che si genera dall’incontro è la relazione tra l’uomo e la donna, il grido di Adamo di fronte a quell’essere che è stato tratto dal suo fianco; “E’ la parte di me che manca, senza la quale io sono incompleto”, sembra dire, “ella è altro da me, non è la mia copia, e quindi è ‘mistero’, verità da scoprire ogni giorno, sempre uguale e sempre nuova”.
In questa relazione, si attua il paradosso: “Più ti conosco e più mi rendo conto di non conoscerti, ma questa non-conoscenza mi rende felice, perché è promessa di futuro”. Infatti, l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, non è mai adeguatamente conosciuto. Chi volesse classificarlo, distrugge la sua unicità; chi lo rende numero, rinuncia ai doni che potrebbe ricevere da lui. Pensiamo alla relazione tra due persone, tra due sposi: se io dico all’altro, “Sei sempre il solito, o la solita”, non dico la verità e sto uccidendo l’amore.
Le crisi esistono e sono di varia natura. Ci sono quelle che vengono dall’esterno, come un lutto, una malattia, un problema imprevisto. In queste occasioni, chi si è sempre ritenuto forte, scopre la propria fragilità, la necessità di avere aiuto dagli altri, la riconoscenza per amicizie fino allora date per scontate. Magari, invece, le persone vicine a noi rivelano doti inaspettate, ci sorprendono per la loro forza d’animo e la loro generosità. “Nessuno conosce se stesso, se non viene messo alla prova”, disse sant’Agostino.
Ma ci sono anche crisi di altro tipo, che ci toccano maggiormente nell’intimo. Ancora una volta, prendiamo un esempio dalla vita matrimoniale. Può capitare che l’amore si logori, per il peso dell’abitudine, dei piccoli difetti, delle trascuratezze alle quali non si dà importanza, ma che, accumulandosi come la polvere, soffocano. Diventiamo degli pseudo-psicologi, che credono di poter dare una definizione dell’altra persona, che giustifichi il nostro allontanamento. Nel nostro rapporto non c’è più verità.
Tuttavia, se siamo appena un poco onesti con noi stessi, ci rendiamo conto che abbiamo ancora spazi per l’azione, che l’amore potrebbe esprimersi in decisioni, magari piccole, apparentemente, ma che romperebbero gli schemi dei quali ormai siamo prigionieri. Ci vuole coraggio, ma è possibile compiere qualche gesto gentile, evitare risposte brusche, valorizzare le doti dell’altro, fare qualche piccolo dono o donare del tempo.
L’amore è questa azione. Essa va contro il sentimento, che invece considererebbe spenta o logorata irrimediabilmente la relazione. Non solo: in questo modo attiveremmo la circolarità tra amore e conoscenza. Più seguo la via della decisione, più conosco me stesso, i miei difetti ma anche le mie capacità; e conosco l’altro, che cessa di essere una maschera e ritorna ad essere un volto da amare.
14 maggio 2023 don Giuseppe Dossetti