“Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,38-48).
Oggi, domenica, la Chiesa legge questi versetti del Discorso della Montagna. Dobbiamo applicare le parole di Gesù al conflitto tra Ucraina e Russia? Penso che per tanti, come per me, la reazione immediata sia il rifiuto: non solo si tratta di qualcosa di impossibile, ma anche tale da sovvertire quel minimo di ordine che il diritto tenta di assicurare, con l’equilibrio tra offesa e castigo: il principio “occhio per occhio, dente per dente” è il fondamento della nostra giustizia ed è un progresso rispetto alla vendetta indiscriminata e alle faide.
Tuttavia, proprio il conflitto ucraino ci mostra il limite della legge umana. Essa non ha evitato le decine di migliaia di morti e feriti e io avverto un sentimento di fatalità, come se si stesse scivolando rassegnati verso una guerra senza fine, prigionieri di un meccanismo che porta oltre le intenzioni di tutti.
C’è speranza? Essa viene, per me, proprio dall’affermazione di Gesù: “Ma io vi dico”, cioè dalla consapevolezza che egli ha della sua missione e della sua persona. Egli esorta a essere “perfetti” come Dio. Non si tratta di una perfezione morale, ma la parola greca indica la totalità: ci viene chiesto di amare Dio e l’uomo “con tutto il cuore”, come Dio stesso fa, amandoci tutti con il suo cuore di Padre. Questa totalità si esprime nella croce del Figlio: nessuna legge la prescriveva, ma essa spezza le maglie di una catena. Dio prende su di sé il rischio di amare la sua creatura, tutte le sue creature.
Concretamente, chi dovrà raccogliere per primo questa sfida divina? Ciascuno di noi è chiamato a ricominciare. Abbiamo fallito tante volte e certamente non possiamo garantire di non continuare a farlo. Però, questa parola di Gesù ci dice che c’è ancora e ci sarà sempre uno spazio aperto a un nuovo inizio. Forse, pensiamo che la guerra d’Ucraina sia qualcosa di troppo grande per noi: è vero, ma qual è la conseguenza? La risposta è evidente: la pace può essere soltanto un dono e i doni vanno chiesti. Per questo, la prima cosa da fare è chiederla con la preghiera, qualunque ne sia la forma.
E’ facile immaginare che ci siano pensieri diversi su questa tragedia. Per questo, però, è ancora più necessaria la purificazione del cuore di ciascuno. Essa deve avvenire nella quotidianità. Come possiamo pretendere che ci sia offerta la via della pace, se tra noi ci sono giudizi e maldicenze, piccole vendette e rivendicazioni esasperate del diritto? Ed è altrettanto vero che, se anche soltanto una volta oseremo il perdono e la mitezza, malgrado la nostra carne protesti con tutte le sue forze, subito sperimenteremo la pace e saremo costruttori di pace. Sta scritto infatti; “Se il Signore si compiace della condotta di un uomo, lo riconcilia anche con i suoi nemici” (Prov. 16,7).
I vescovi della chiesa cattolica ucraina di rito latino hanno convocato una veglia di preghiera nel santuario mariano di Berdicev, una cittadina a sessanta chilometri da Zhitomir. Essa è al centro della zona dove vivevano gli ebrei, che vennero massacrati in centinaia di migliaia nei campi nazisti. Nell’epoca sovietica, fu trasformata in una palestra. Eppure, la chiesa ha resistito, quando tutto sembrava perduto. Hanno vinto non gli eserciti, ma i poveri e i miti, dei quali Maria è esempio. Assista lei la nostra umanità dolente e disorientata.
Ho pensato che sia bello unirsi a questa preghiera nella notte di veglia, la notte dell’attacco russo di un anno fa, tra il 23 e il 24 di febbraio. Metto a disposizione la chiesa del Buon Pastore, in viale Umberto I, a Reggio. Cominceremo con la Messa alle 18.30 e finiremo con un’altra celebrazione eucaristica al mattino del 24 alle otto.
19 febbraio 2023 don Giuseppe Dossetti