Temo che pochi sappiano che cosa si festeggia nella “Feria di Agosto”. Come vedremo, non si tratta solo di ignoranza. La festa liturgica commemora la “Assunzione di Maria in Cielo”, da intendersi come la risurrezione di Maria, la partecipazione, nella pienezza della persona, corpo e anima, alla gloria eterna del Figlio.
Ci vengono in mente capolavori d’arte, come l’Assunta di Tiziano; molte chiese, a cominciare dalla Cattedrale della nostra città, sono dedicate alla Madre di Dio, nel compimento del suo cammino, originato da quel “sì”, tante volte ripetuto e confermato sotto la croce del Figlio.
La difficoltà nel dare un senso attuale a questa festa deriva proprio dall’uso che la Sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa fanno di parole grandi e definitive. Tutti noi ci sentiamo provvisori, ogni verità ci sembra parziale; non riusciamo a dar senso alla parola “salvezza” e magari ci accontentiamo della guarigione.
In questo atteggiamento c’è un aspetto di verità. Dobbiamo fare l’elogio del provvisorio e del parziale; le grandi ideologie non solo si sono rivelate degli inganni, ma anche fonti di violenza e di indicibili dolori. La stessa Chiesa, nel momento in cui ha preteso di possedere la verità assoluta, ha rischiato e rischia di apparire anche lei una struttura di potere. Essa ricupera autorevolezza e, direi, “simpatia”, quando si fa prossima all’uomo e condivide la sua ricerca. C’è però il rischio che le buone opere distraggano dal messaggio che invita ad andare oltre la storia, e che l’eternità diventi un mito o, modernamente, un “cloud”, una nube, nella quale conservare le acquisizioni e i valori della ricerca umana.
La Chiesa è però una realtà singolare: essa conserva in sé il principio della propria contestazione. Nei giorni che precedono la festa dell’Assunta, vengono ricordati numerosi martiri. Alcuni appartengono all’antichità, come san Lorenzo, altri sono contemporanei, come Edith Stein e Massimiliano Maria Kolbe, ambedue uccisi ad Auschwitz. Il calendario della Chiesa non nasconde, anzi, ostenta la contraddizione con la festa dell’Assunta e pone la domanda: quelle morti sono state delle sconfitte e quel male potrà mai essere risarcito? Come colmare la distanza tra l’abisso dell’odio e della violenza, e il vertice di un cielo “lontano”, come scrive Pascoli nella poesia dedicata al “pianto di stelle” della notte di san Lorenzo?
Dovremmo convincerci che solo se ci riempiamo gli occhi dell’anima contemplando il cielo, saremo in grado di scendere negli inferi contemporanei. Non riesco a immaginare come si possa ignorare quello che succede nel Mediterraneo, in Libia, in Etiopia, o lo si liquidi con frasi fatte, ma generatrici di pregiudizi e di violenza. I campi di concentramento e gli stermini etnici esistono anche oggi: come ignorarli?
Non possiamo guardare il cielo e ignorare la terra e neppure guardare la terra e ignorare il cielo. La festa dell’Assunta ci invita a rivendicare la contiguità delle due dimensioni. Dio non si è ritirato nella luce immobile di un “altrove” sconosciuto, ma ha voluto entrare nella nostra storia umana, fino alla morte. Maria è stata lo strumento di questo divenire carne e sangue, strumento partecipe: chi potrà misurare la sua sofferenza e la prova terribile della fede?
Nello stesso tempo, Maria ci invita a considerare le presenze buone che ci circondano, come scrisse un’altra vittima dei lager, Dietrich Bonhoeffer. La parola di Gesù, che dalla croce ci dona Maria come madre (“Donna, ecco tuo figlio”, le dice, indicando Giovanni, che ci rappresenta), si estende a tutta l’umanità, fino alla fine dei secoli. Queste presenze buone ci aiutano a ritornare al quotidiano, a dar valore al provvisorio e al parziale, a riconoscere in ogni frammento della vita dell’uomo la dignità del mistero.
15 agosto 2021 don Giuseppe Dossetti